Codice della crisi di impresa e sicurezza sul lavoro
Dal potere di spesa al modello di organizzazione e di gestione
Più che mai le imprese debbono essere assistite anche nel settore della sicurezza del lavoro. A maggior ragione proprio in questi giorni in cui è stata annunciata l’iniziativa intrapresa dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro in collaborazione con la Procura Generale presso la Corte di Cassazione: un “protocollo quadro di collaborazione tra Ispettorato Nazionale del Lavoro e Procure della Repubblica presso i Tribunali”, destinato ad assicurare il proficuo svolgimento delle indagini. Alcuni problemi fanno particolare spicco.
- Un primo problema che ho segnalato in un post dell’8 agosto 2022 concerne i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari. Certo, il TUSL non estende la tutela a questi lavoratori. Ma occorre riflettere sull’obbligo di osservare, oltre che le misure tipizzate da specifiche leggi come il TUSL, anche le c.d. misure “atipiche” o “innominate”, non previste da specifiche disposizioni, ma desumibili dall’obbligo generale di cui all’art. 2087 c.c.
- Uno strumento prezioso nelle mani dei datori lavoro delle aziende è costituto dalla delega ad altri di funzioni antinfortunistiche. Una delega, peraltro, che deve essere elaborata con sapienza, e, quindi, una delega rilasciata alle condizioni previste dall’art. 16 TUSL, e, in particolare, una delega che attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. E una delega da non confondere con la delega contemplata dall’art. 2381 c.c.: “Se lo statuto o l’assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega”. Inammissibile è, pertanto, nel quadro dell’art. 16 TUSL, la delega della posizione stessa di datore di lavoro, spesso utilizzata nelle prassi aziendali. Paradigmatico è il caso della ThyssenKrupp. Nel confermare la condanna, le Sezioni Unite della Cassazione Penale 18 settembre 2014 n. 38343 dicono che “l’unico argomento addotto dalla difesa dell’amministratore delegato è costituito dalle deleghe conferite”. Ma questa linea di difesa non è valsa ad evitare la storica condanna, e ciò “per l’imperfezione della delega e la ristrettezza delle risorse economiche destinate alla prevenzione: 30.000 euro, somma insufficiente per qualunque seria prevenzione”. E ancora: “Il trasferimento dei poteri deve essere effettivo e non meramente cartolare. D’altra parte, le questioni afferenti al trasferimento della sede torinese in Terni ed alle sue modalità operative, connesse con delicati problemi finanziari e di bilancio, coinvolgevano di necessità tutti i tre componenti del board. Si trattava di scelte gestionali e finanziarie di fondo che trascendevano le stesse problematiche strettamente inerenti alla sicurezza sul lavoro, riguardavano la complessiva organizzazione aziendale, e interessavano quindi gli imputati che, indubbiamente, ricoprivano il ruolo datoriale».
- Un’ulteriore, preziosa opzione aziendale è il modello di organizzazione e gestione, indispensabile per scongiurare la responsabilità c.d. amministrativa delle imprese prevista anche nel settore della sicurezza sul lavoro: una responsabilità che comporta pesanti sanzioni a carico delle aziende inottemperanti e che a partire dal processo della ThyssenKrupp è sempre più sistematicamente applicata. Ed è il caso di sottolineare che il modello di organizzazione e di gestione deve contenere anche un capitolo destinato a «individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati».
- Una domanda impegnativa: è da tutelare la sicurezza dei luoghi di lavoro quando una impresa è in fase di ristrutturazione o ancora più drasticamente in fase di concordato in continuità? Certo, il Codice della Crisi, D.Lgs. n. 118/2021, contempla il ricorso a misure protettive a tutela del patrimonio a tutela del patrimonio, ma non a tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. D’altra parte, la Cassazione è implacabile nell’insegnare che «le norme di legge (art. 41 Cost. e art. 2087 c.c.) stabiliscono il valore assolutamente preminente assegnato alla vita e all’integrità fisica del lavoratore, la cui compromissione non può essere in alcun modo giustificata nell’espletamento dell’attività lavorativa da esigenze di ordine economico e produttivo».